venerdì, giugno 22, 2007

Sommersi dal Palazzo


Sono in uno stabilimento di Ostia, tra il turno di lavoro del mattino e quello del pomeriggio. Intorno a me c’è la folla dei bagnanti in un silenzio simile al frastuono e viceversa. Infuria la balneazione. Quanto a me, occupato a rigenerarmi al buio rilassante del laboratorio di doppiaggio – ho in mano “l’Espresso”. L’ho letto quasi tutto, come fosse un libro. Guardo la folla e mi chiedo:” dov’è questa rivoluzione antropologica di cui tanto scrivo per gente tanto consumata nell’arte di ignorare?”. E mi rispondo:”eccola”. Infatti la folla introno a me, anziché essere la folla plebea e dialettale di dieci anni fa, assolutamente popolare, è una folla infimo borghese, che sa di essere, che vuole esserlo.”… “ho l’Espresso in mano, come dicevo. Lo guardo, e ne ricevo un’impressione sintetica: com’è diversa da me questa gente che scrive delle stesso cose che interessano a me. Ma dov’è? Dove vive?”. E’ un’idea inaspettata, una folgorazione che mi mette davanti la parole anticipatrici e, credo, chiare: “Essa vive nel Palazzo!”.
Non c’è pagina, non c’è riga in tutto l’Espresso che non riguardi solo ed esclusivamente ciò che avviene dentro il palazzo.
Solo ciò che avviene dentro il palazzo pare degno di attenzione e interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, informità, seconda qualità…ciò che più importa sono le alleanze, gli intrighi, le congiure e le fortune di coloro che sono nel palazzo. E infine anche del loro modo di interpretare la realtà

Questo scriveva Pier Paolo Pasolini nella celeberrima “lettera luterana” Fuori dal Palazzo.
Quanta profezia nelle sue parole. Se fosse vissuto ancora un po’ di più avrebbe visto la gente normale cominciare a scimmiottare quello che avviene nel palazzo (ovvero nei media che il palazzo controlla) e farsi simulacro del simulacro dei potenti. E asservirsi ulteriormente imitandone i modi, i gesti e inesorabilmente anche il modo di pensare.
Da qualche tempo, credo, stiamo assistendo a un’ulteriore mutazione genetica del palazzo.
Da pochi giorni in america Hilary Clinton ha caricato su youtube uno spot elettorale del tutto anomalo. Sono ripresi lei e suo marito in una specie di parodia dell’ultima puntata dell’ultima serie del telefilm americano “I Soprano” - che narra le vicende di una famiglia mafiosa italo americana – con Hilary che comanda a bacchetta il marito in merito alla dieta.
Poi in un altro video Hilary fa una magniloquente premessa e dice agli americani che ha bisogno dei loro preziosi consigli e poi gli chiede quale canzone preferirebbero come inno per la sua campagna elettorale!
Wow il Palazzo che esce dal Palazzo! Ed è persino capaci di schermirsi!
Ovviamente, sebbene, questi due messaggi siano carichi di ironia e facciano parte di una più grane "operazione simpatia", la Sezione non abbocca. Paiono delle losche ipocrisie malcelate oppure delle ipocrisie che solo apparentemente vogliono smaschersi; meglio ancora, in questo caso non si può parlare di ipocrisie ma di una vera e propria poli-fiction. La politica assorbe i linguaggi della fiction e ne esce snaturata, essa stessa viene fagocitata dalla dimensione finzionale. Se prima il palazzo dominava le prime pagine solo per il fatto di esser “il palazzo”, ora pare aver bisogno di rappresentare se stesso con dei linguaggi che non sono più quelli della cronaca o della storia, ma sono quelli della finzione, della fiction, dello spettacolo. E ci si allontana sempre di più, gradualmente e inesorabilmente dalla realtà delle cose, e ancora la battaglia si combatte sempre più sull’immagine, sulla dimensione simbolica, simulacri di simulacri che fuggono – per intenderci hilary fa la parodia a se stessa utilizzando la parodia di una fiction televisiva….e così via.