venerdì, novembre 23, 2007

Maestro, molli il personaggio… dica la battuta un po’... alla cazzo di cane!

Questo video è uno spezzone della sitcom italiana in onda su Fox, BORIS.

Inutile dire che la sit com è molto divertente, ma non è questo l’argomento.
L’argomento è “dilla alla cazzo di cane” oppure “falla alla cazzo di cane”.
E’ un po’ che mi interrogo su libri, lezioni universitarie, spettacoli teatrali, et similia, che a tutta prima mi sembrano fatti alla cazzo di cane. Tuttavia riscuotono grande successo. Non solo di pubblico ma anche di critica. Anzi, soprattutto di critica. E badate bene , non sto parlando dei prodotti commerciali o di main stream, giacché su quelli dare un giudizio è più semplice, ma di tutti quei prodotti culturali da super intellettualoidi la cui struttura è spesso nebuolsa, arcana e paiono fatti in modo che nessuno possa capirci assolutamente niente… eh certo – mi dicono – ma tu sei un reazionario!!!! Non hai capito niente… quel che conta è la performance! L’atmosfera, il senso profondo che va oltre il significato verbale, visivo e sonoro… è un’esperienza vitale, non intellettuale!!! E i miei amici intellettuali mi danno una pacca sulla spalla.
E sì - rispondo io - ma se voglio fare un’esperienza vitale, vado a farmi un giro e non spendo 15 euro per vedere - per esempio - gente che si agita convulsamente su un palco e non spiccica parola. O peggio, sposta mobili per 15 minuti e alla fine della performance si inchina come Rudy Nurejev! Vado al Mercatone Uno a vedere spostare mobili!!! (non farò il nome di questa compagnia teatrale, la quale è acclamata in tutta europa, soprattutto in francia… pensate voi).
Mi chiedo quale possa essere il motivo di questa transustanziazione da merda a cioccolato: a volte guardo negli occhi le persone e dico “ ma davvero ti piace sta’ roba????” e loro “ma è bellissimo”. E io… “ok, sono io che non ho gusto”.
In effetti, le cose fatte alla cazzo di cane hanno un fascino misterioso, forse perché si tende quasi sempre a dare un’interpretazione a quanto si vede anche se la cosa in questione ne è completamente sprovvista.
Credo sia l’istinto socializzato (e quindi ben poco primordiale) di coprire i buchi interpretativi, il miracolo della semiosi come direbbe Eco, che realizza questa epifania del significato. Sempre più spesso mi capita di andare a teatro, e, nell’incontrare amici per il solito birrozzo dopoteatrale, alla domanda “di che parlava lo spettacolo?” il mio viso scolora e mio malgrado devo rispondere “di nulla..boh”. A volte, per il gusto della variatio, opto anche per il “non me lo ricordo” e allora i visi loro scolorano pensando che io si afflitto da una forma precoce di Alzheimer: e i miei amici non intellettuali mi danno una pacca sulla spalla.
Vabbè…vedrem… al prossimo spettacolo starò più attento.